Dal Catalogo "GRAZIE ITALIA" a cura di Stefania Pieralice e Gianni
Dunil, prefazione di Daniele Radini Tedeschi, edito da START, del 2017:
Antonella Scaglione è una pittrice figurativa che all'interno del suo percorso artistico continua ad indagare nuove forme.
Figlia d'arte segue le orme paterne sin dall'età di sette anni
quando realizza il suo primo dipinto con la tecnica dell'olio su tela.
In Merletti 3 il bianco è predominante, i fiori sono realizzati
attraverso la particolare lavorazione di filati, conosciuta per la
leggerezza e per la preziosità del tessuto che ne risulta. L'artista
però gioca con questo materiale, in quanto la materia stessa si
contrappone alla forma: uno sguardo più approfondito dell'opera porta a
notare che i gambi dei fiori si uniscono in un'unica "impugnatura",
quella di una frusta, dove sono proprio i fiori a costituire la parte
destinata ad infliggere dolore. Scaglione neutralizza l'arnese, non più
abilitato quindi a percuotere. Roland Barthers scriveva: "e' la donna
che dà forma all'essenza, che ne elabora la finzione, poichè ha il tempo
per farlo; essa tesse e canta".
La scelta di un motivo floreale non è perchò casuale. Il fiore da
sempre è il simbolo della bellezza, della purezza e della femminilità,
per far sì che queste caratteristiche persistano è necessario curarle.
Scaglione si occupa delle sue creazioni come un giardiniere di interessa
del suo giardino. Il fiore esemplificativo della rinascita, del
risveglio e del rinnovamento: i germogli spuntano anche nei terreni più
aridi, come i fiori di Scaglione fuoriescono dalla tela grazie ad un
delicato ricamo. La luminosità del fiore è effimera, appassisce
velocemente, ma le sue radici sono agguerrite e invadono e terreni più
accidentati. Con la parte superiore visibile e quella inferiore radicata
nel mondo sotterraneo il fiore rappresenta un ponte tra ciò che è
manifesto e ciò che è palese.
Scaglione invita ad avere un pensiero critico di fronte a ciò che
circonda il fruitore, a non fermarsi all'apparenza in quanto ci sono
sempre piccoli dettagli celati che permettono di costruire nuovi
significati. Il sistema economico e culturale odierno, a differenza dei
regimi del passato, non pretende di essere perfetto: semplicemente nega
l'esistenza di alternative. E' proprio queste alternative che Antonella
Scaglione vuole fare emergere, comunicando i suoi valori e i suoi ideali
attraverso metafore visive.
A partire dagli anni Settanta infatti si ha una svolta
rappresentativa per quanto riguarda la connessione tra arte e cucito,
quest'ultimo acquista valore in quanto mezzo teso a dar voce al ruolo
della donna all'interno del mondo artistico e della società in generale.
Numerose artiste, tra cui ora Antonella Scaglione, si servono della
sfera del ricamo per narrare se stesse. Ad esempio, nelle opere di
Magdalena Abakanowicz il cucito diventa un'azione tesa all'infinito
della ripetizione del gesto, che nonostante sembri essere sempre uguale a
se stesso, in realtà muta, anche se in maniera quasi impercettibile. In
quelle di Ghada Amer invece si ha il desiderio di rendersi indipendente
dal linguaggio pittorico, utilizzando ago e filo l'artista riflette
sull'arte e sulla società stessa avvalendosi degli strumenti che hanno
caratterizzato il lavoro della donna nel corso della storia. Ancora una
volta, si ha una narrazione all'interno dell'opera, non un semplice
decorativismo. E' perciò impossibile non pensare a Maria Lai, che
attraverso l'uso di materiali vicini agli abitanti della sua terra, la
Sardegna, dimostra una sensibilità per il lavoro femminile, per una
sapienza minuziosa: il telaio è il supporto che dà vita alle sue
creazioni. Ifili di Maria Lai si intrecciano per raccontare storie e per
esprimere emozioni, allo stesso modo la reiterazione dei ricami di
Scaglione sulla tela sostituisce il pennello: il ricamo diviene mezzo
espressivo volto a capovolgere i luoghi comuni e a riscoprire quelle
pratiche considerate minori, che in nome dell'arte però assumono valore.
Inoltre in molte composizioni della Scaglione il ricamo prosegue
all'esterno dello spazio compositivo ed è chiaro il suggerimento che
l'artista dà a coloro che si fermano a riflettere di fronte all'opera:
non esistono limiti, è necessario uscire dagli schemi, godere
dell'empatia che si genera con l'artista tramite l'opera d'arte.
Quest'ultima è il luogo della libera sperimentazione, dove ognuno può
sviluppare una personale ricerca con consapevolezza di sé.